Tuesday, March 30, 2021

Niklas Luhmann. “Solo la comunicazione può comunicare” di Francesco Bellusci (su DOPPIOZERO)

Il Nietzsche del XX secolo non è stato Foucault o Deleuze, ma un oscuro alto funzionario della pubblica amministrazione tedesca, approdato in pochi anni e un po’ incidentalmente, dopo un soggiorno di studi alla Harvard University, alla Facoltà di Sociologia dell’Università di Bielefeld, nella Renania-Vestfalia settentrionale, nel 1966, da dove non si sarebbe mai allontanato, tranne che per una breve parentesi a Francoforte, come supplente di Adorno. Il suo nome è: Niklas Luhmann. Nacque a Lüneburg, vicino ad Amburgo, nel 1927, e scomparve il 6 novembre del 1998, nella sua casa Oerlinghausen, vicino a Bielefeld. Lo stile asettico e ridondante, nonché il lessico incline ai tecnicismi, lo hanno condannato ad avere meno popolarità di quanto meritasse, ma il suo quadro teorico è stato avvertito come imprescindibile anche da quegli avversari storici, come Jürgen Habermas, che lo hanno criticato, accettandone però il perimetro concettuale nuovo e la potenza descrittiva in esso contenuta. Se Nietzsche vedeva “cose umane, troppo umane”, cioè la vita con le sue pulsioni e i suoi bisogni, dove noi vediamo ideali, tanto da definire la religione, la morale, la metafisica (e la scienza stessa, che si apprestava a raccoglierne l’eredità)  delle “bugie vitali” per arginare la precarietà dell’esistenza, mostrando il volto nudo e sotterraneo della volontà di vita o di potenza, il sociologo tedesco rompe con l’idea corrente di una società fatta di esseri umani e di relazioni tra gli esseri umani, per giunta capace di controllare se stessa, con un “alto” o un “centro” presenti al suo interno.

 

E la sostituisce con l’idea di sistema sociale costituito da una pluralità di sistemi funzionali (l’economia, la politica, la religione, la scienza, l’educazione, il diritto, i mass media, l’arte, la morale, l’intimità), ciascuno dei quali costruisce la sua identità mediante la differenza con gli altri, che divengono il suo ambiente, e in grado solo di evolvere ma non di governare se stesso. Se, dunque, l’uno annuncia la morte di Dio, l’altro annuncia la morte dell’uomo, in un modo più radicale degli strutturalisti come Foucault o Lévi-Strauss. La società non scaturisce più da un contratto o da una costruzione degli uomini intesi come agenti autonomi e razionali, come avviene nella narrazione umanista o illuminista.  Né tantomeno è riplasmata continuamente dal processo democratico di formazione discorsiva della volontà generale, sia perché, in quest’ultimo caso, si tratta di un’operazione (le elezioni o le decisioni parlamentari) interna a un sistema parziale della società, quello politico, sia perché non sono le persone che comunicano, ma i sistemi sociali. E qui, arriviamo, subito, al nocciolo più scandaloso della teoria di Luhmann e stridente con il senso comune. 

 

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Friday, March 12, 2021

Niklas Luhmann - La religión de la sociedad (Editorial Trotta)

Los autores clásicos de la sociología ya habían concedido un lugar de especial relevancia a la sociología de la religión en el contexto de la teoría social y, sobre todo, en los estudios consagrados a la sociedad moderna, supuestamente ajena a lo religioso. Esta orientación fue retomada y reelaborada por Niklas Luhmann en esta obra póstuma ?continuación de sus volúmenes sobre la ciencia, el arte, el derecho y la economía?, en la que trabajaba poco antes de su muerte. La religión es aquí descrita como un sistema de comunicación autónomo en el seno de la sociedad moderna empleando conceptos que destacan la codificación binaria de su comunicación mediante la distinción entre inmanencia y trascendencia: «Puede decirse que una comunicación es religiosa siempre que contempla lo inmanente bajo la perspectiva de la trascendencia». El sugerente análisis de Luhmann contribuye a una valoración sobre la situación y el futuro de la religión en el mundo contemporáneo.